Le origini dell’Ostetricia si possono far risalire a quelle dell’umanità . L’Arte Ostetrica nasce con la necessità della donna di essere aiutata nel momento del parto ed è influenzata da riti e pratiche magiche, così come lo erano nell’antichità tutti i momenti importanti della vita. La nascita era considerata evento che riguardava solo il femminile, la donna veniva sostenuta ed aiutata, incoraggiata e confortata dalle altre donne, e tra queste da una in particolare che nei secoli ha modificato il nome,la formazione,ma mai l’essenza del suo ruolo: l’Ostetrica.
La Bibbia (Genesi 35, 16 – 19 ed Esodo 1, 15 – 22) riporta due citazione dell’esistenza presso il Popolo Eletto di levatrici, dette anche “donne sagge”, non in senso morale, bensì di esperte nell’ assistenza. Si legge, infatti, che quando il Faraone ordinò alle levatrici ebree di uccidere tutti i nati maschi, queste risposero: “Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità; prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito! Dio beneficò le levatrici, il popolo aumentò e divenne molto forte”. |
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Mentre nell’ antica Grecia l’assistenza alle partorienti era affidata a donne anziane, le maiai, le quali si occupavano, oltre che di parto e nascita, di sterilità, di isterismo e altre malattie femminili. Lo stesso Socrate, figlio di una levatrice, affermava che una buona levatrice ha una particolare sensibilità e conoscenza della natura umana, tanto da tirar fuori i veri bisogni ed emozioni della donna stessa attraverso l’arte maieutica. Egli stesso si definì “Ostetrico delle Anime” “perché faceva venir fuori dalla mente dei suoi discepoli le concezioni filosofiche, nella stessa maniera in cui la madre aiutava i feti a venir fuori dall’utero materno”.
Anche Platone descrive la levatrice ideale come una donna “che ha fatto studi classici, che ha intelligenza sveglia e memoria pronta. Deve essere studiosa, attiva, robusta, compassionevole, sobria, paziente, riflessiva e prudente. Non deve essere collerica, intrigante ed avara, e non deve pensare alla civetteria”. Nell’antica Roma invece, le levatrici venivano chiamate Obstetrices, che significa “colei che sta davanti”, ciò fa supporre che per poter esercitare la professione dovevano aver avuto figli e quindi già avanti con l’età. Tuttavia con la caduta dell’Impero Romano si assiste ad un periodo di oscurità e quasi di regressione per tutta la scienza medica, compresa l’ostetricia. Le levatrici operavano su basi empiriche ed esperenziali perlomeno fin quando non si afferma la Scuola Salernitana, cioè dopo l’anno 1000 e, Trotula, ostetrica salernitana laureata in Sacra Medicina e Chirurgia, redige primo trattato di ginecologia scritto da una donna “Passionibus mulierum curandarum”. La nascita delle grandi Università (Bologna, Padova, Parigi), l’invenzione della stampa, il Rinascimento e la riscoperta dei classici risvegliano l’interesse verso il corpo umano in tutte le sue funzioni. Questo fervore intellettuale ed il libero dibattito nelle Università mettono ben presto in crisi molte idee che si erano andate via via stratificando: viene riscoperto il rapporto stretto tra l’uomo e la natura e l’idea medievale dell’uomo isolato dalla natura, fonte di male e peccato, viene abbandonata. Questo rapporto diretto porta inevitabilmente all’osservazione e all’esperimento rompendo definitivamente i ponti con la magia e l’aristotelismo: la gravidanza e il parto perdono l’aspetto magico e mistico per acquisire i caratteri di fenomeno biologico.L’assistenza alla partoriente rimane comunque una faccenda prettamente femminile, spesso guardata con sospetto dalle gerarchie ecclesiastiche. Tutto quanto riguardava il travaglio ed il parto era ritenuto “impuro” (poiché impuro era il corpo della donna) ed era vietato categoricamente agli uomini medici di assistere al parto. Il compito della levatrice era quindi sostanzialmente disprezzato (sebbene soltanto lei, oltre al sacerdote, potesse somministrare il battesimo). In particolare durante il periodo della Riforma e della Controriforma, l’ostetrica viene vista come la depositaria di una serie di pratiche che potevano indurre malefici e sortilegi: la pratica dell’erborizzare, il costume di conservare gli annessi fetali, l’esclusività della partecipazione al momento del parto e la conoscenza di determinati rituali resero l’ostetrica un facile bersaglio dei processi Inquisitoriali. Nei secoli XV e XVI la tipologia della strega-ostetrica si ritrova nei trattati demonologici come il Malleus Maleficarum, manuale inquisitoriale che che sentenziò il rogo per troppe donne. Nel 1500 risorgono in Europa la medicina e gli studi anatomici, e in questo senso si profila la rinascita anche dell’ostetricia, e per la prima volta la possibilità per gli uomini di poter assistere ai parti. Col trattato di ostetricia del 1513 intitolato “Il giardino delle rose per donne incinte e levatrici”, del dottor Eucario Rösslin di Worms, viene riconosciuto il ruolo delle levatrici e la necessità di un aggiornamento della loro professione in base alle conoscenze dell’epoca. Nel 1595 viene stampato in Italia il primo trattato di ostetricia italiano: “La Commare o Ricoglitrice”, opera di Scipione Mercurio articolata in tre libri (il parto normale, i vari parti distocici, le complicanze del post-partum), in cui non mancano indicazioni su come debba essere la levatrice: “esercitatissima et prudentissima nell’officio,(…) ma soprattutto sia timorata di Dio, non strega et ministra del diavolo, et (…) sia di buoni et honesti costumi et non ruffiana. Altre poi, non avendo il timore di Dio, fanno mille stregarie, come pigliar le seconde, o camiscie de’ bambini, e dirgli messa sopra, vedendole poi dando ad intendere agli uomini ignoranti che mentre havranno tali camiscie addosso non potranno mai essere uccisi né feriti” .Dunque le levatrici continuano a curare l’assistenza secondo criteri prevalentemente empirici. Nel 1663 Luigi XIV fa assistere clandestinamente il parto normale di Madame de La Vallière da un chirurgo e in posizione litotomica in quanto voleva vedere tutti i processi del parto: nasce e si diffonde così la Mode de l’accoucheur nell’aristocrazia e nell’alta borghesia parigina. Per questo motivo i chirurghi ottengono dalla corte la possibilità di assistere i parti, e ben presto il simbolo del nuovo ruolo dei chirurghi e il vero strumento della loro arte sarà l’uso di strumenti chirurgici nell’assistenza al parto. Perciò con l’uso degli strumenti e della scrittura, gli accoucheurs si propongono come protettori della salute della donna e del neonato. Con il diffondersi della presenza degli ostetrici l’attività delle mammane viene sempre più delegittimata, finché i chirurghi non curano essi stessi la loro formazione e la loro sorveglianza. Intorno alla metà del 1700 il parto diviene oggetto di interesse degli amministratori dello Stato e dei personaggi più rappresentativi della classe medica: i primi volti ad attuare un intervento statale di assistenza alla maternità, spinti dalla preoccupazione per le troppe morti da parto; i secondi volti ad imporre il loro intervento in questo campo, seguendo l’esempio francese. A partire dal 1750 circa, l’elevata mortalità infantile e materna diviene la motivazione e il pretesto per approfondire e diffondere le conoscenze relative all’ostetricia, in modo da programmare e controllare la pratica e la preparazione delle levatrici. Per cui nella seconda metà del secolo questo progetto si concretizza con l’istituzione di corsi, scuole e commissioni d’esame per levatrici, la pubblicazione di numerosi trattati, l’istituzione di cattedre di ostetricia nelle facoltà di medicina delle università. E’ quindi essere interdetto l’esercizio a coloro che sono privi dell’istruzione necessaria. Nel frattempo i contenuti e le modalità di istruzione delle levatrici cominciano a modificare l’ideologia del parto: da evento naturale e inserito nella quotidianità, a fenomeno, la cui unica terapia è decisa dagli uomini di scienza. Fino alla fine del 1800 i medici riconoscono che il lavoro della levatrice non si limita alla sola assistenza, ma riveste anche un “compito umano”. La prima città d’Italia ad avere una scuola per levatrici fu Torino, a seguire Bologna, Firenze, Verona, Milano, Venezia e così via, caratterizzate dall’insegnamento teorico, affidato ai chirurghi, ed il tirocinio pratico. Non appena completata l’Unita’ d’Italia, il 10 febbraio 1876 viene approvato il “Regolamento delle Scuole di Ostetricia per levatrici” e con la legge sanitaria Crispi del 1888 vengono stabilite le condizioni per poter esercitare la professione di ostetrica. La durata della scuola è di tre anni. Nel 1906 (R.D. 466) viene istituita la “Condotta Ostetrica” per garantire l’assistenza ostetrica a tutte le donne, comprese le non abbienti, e tale istituto accompagnerà l’Italia fino alla riforma del 1978. Il fascismo valorizzò la figura dell’Ostetrica affidandole alcuni compiti nei consultori ostetrici e pediatrici dell’ O.N.M.I. (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia) Nel 1937 il titolo di levatrice viene sostituito con quello di Ostetrica (R.D.L. 1520) e contemporaneamente viene fissato un nuovo regolamento per l’esercizio professionale . Il 13 settembre 1946 vengono istituiti gli Ordini delle Professioni Sanitarie (Medici, Veterinari, Farmacisti ed Ostetriche), nonché gli Albi Professionali relativi, il cui funzionamento verrà regolamentato dal D.P.R. 221 del 5 aprile 1950. Nel 1957 la durata della scuola di ostetricia viene ridotta a due anni, ma occorre il possesso del diploma di Infermiere Professionale piu’ otto (poi dieci – nel 1971) anni di formazione di base. La durata del corso di Infermiere Professionale viene portato, nel 1975, a tre anni. Il 23 dicembre 1978 viene promulgata la Legge n. 833, “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”. Nella seconda metà del XX secolo incomincia a progredire l’ospedalizzazione e l’Ostetrica assume sempre di più un ruolo ausiliario del medico con responsabilità limitata, cresce comunque professionalmente ma dipendente al modello medico… Negli anni, con la formazione che progredisce, si passa dalla semiprofessionalità alla professionalità ed oggi, dopo la legge 42/99 che definisce l’ambito di competenze autonome, l’Ostetrica si configura come professionista, con responsabilità totale. Infatti il decreto legge n. 740 del 14 settembre 1994 stabilisce che ” l’ostetrica/o è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e porta a termine parti eutocici con propria responsabilità e presta assistenza al neonato….()…partecipa alla preparazione psico-profilattica al parto…()…ai programmi di assistenza materna e neonatale”. Dal 2000 (legge n°251) è stato istituito il Corso di Laurea , l’Ostetrica appartiene al gruppo delle professioni intellettuali con una propria autonomia operativa. Le conoscenze sono organizzate in un “corpo sistematico di teoria”, cioè in una disciplina a cui si riconosce uno statuto scientifico. |
La storia
